La capacità di valutare gli altri è essenziale per rapportarsi nel mondo sociale, bisogna sempre capire le intenzioni di chi ci circonda in modo da trarre valutazioni su chi reputiamo amici e nemici. Queste valutazioni negli adulti avvengono in maniera rapida ed automatica, sulla base di caratteristiche fisiche e caratteriali. Ma nei bambini come avviene questo processo? Uno dei primi studi sulla valutazione sociale e morale dei bambini in età preverbale (6-10 mesi) è stato condotto dagli psicologi Kiley Hamlin, Karey Wynn e Paul Bloom nel 2007. I ricercatori si sono soffermati su come i bambini valutano gli “amici” e i “nemici” sulla base delle interazioni con gli altri, utilizzando due metodologie differenti e come personaggi delle forme prive di espressioni emotive.
Nel primo esperimento, i bambini vedono sul display un personaggio di legno che sta in cima ad una collina e svolge l’azione di salire e scendere da questa. Ad un tratto viene buttato giù da un “nemico” e spinto da dietro da un “amico”. A questo punto i bambini devono scegliere uno tra aiutante e antagonista e scelgono quasi tutti l’aiutante, dimostrandosi in grado di avere impressioni distinte sui diversi personaggi in relazione allo scalatore.
Successivamente vedono un nuovo display con i tre personaggi in cui lo scalatore si relaziona sia con l’aiutante che con il nemico. I bambini di 10 mesi si concentrano più a lungo sull’ultimo evento, restando sorpresi quando lo scalatore si relaziona con il nemico, mentre i bambini di 6 mesi guardano in egual misura entrambi gli eventi, ma preferiscono nella scelta il buono rispetto al cattivo. Da ciò si può dedurre che la capacità di valutazione sociale si sviluppa prima di dedurre valutazioni su altri.
Il secondo esperimento aveva come obiettivo quello di smentire o confermare l’ipotesi secondo cui i bambini fossero influenzati da principi percettivi nella scelta. Per dimostrare ciò in questa seconda prova il soggetto è stato reso inanimato, eliminando i concetti di aiuto e scontro e quindi la valutazione sociale che nel primo esperimento era presente. In base alle ipotesi se era la preferenza di percezione che guidava i bambini nella scelta, anche in questo caso avrebbero dovuto preferire la spinta verso l’alto. Il risultato atteso però non si è verificato, infatti 6 dei 12 soggetti di 10 mesi scelsero quello che spingeva verso l’alto, mentre tra i soggetti di 6 mesi, solo 4 su 12. In entrambi i gruppi, pertanto, questi risultati non sono significativi.
In un terzo esperimento sono previste due azioni sperimentali. La prima in cui si propone l’interazione tra un personaggio neutro ed uno buono, la seconda in cui l’interazione avviene tra un personaggio neutro ed uno cattivo. L’esperimento è identico al primo e in aggiunta vi è il personaggio neutro che non ha interazioni con lo scalatore ma si muove su e giù per la collina. I bambini devono scegliere tra il soggetto neutro, l’aiutante o il nemico.
I bambini valutano il personaggio neutro in maniera diversa, in base al fatto se sia accoppiato col personaggio buono o con quello cattivo: i bambini nella prima azione, quindi personaggio neutro-personaggio buono, scelgono il personaggio buono; nella seconda azione, personaggio neutro-personaggio cattivo, scelgono il personaggio neutro.
Da questi esperimenti si possono trarre molte conclusioni, la prima è che i bambini in età preverbale nelle scelte sono influenzati anche senza avere una conoscenza diretta con terzi soggetti, di fatto nel secondo esperimento non avevano un’esperienza precedente con il soggetto neutro. La seconda conclusione che si può trarre riguarda il fatto che giudicare soggetti che si comportano in modo positivo o negativo può rappresentare la base per poter poi comprendere i concetti di giusto e sbagliato. La terza conclusione, forse la principale, riguarda il fatto che la capacità di valutare gli altri sulla base delle interazioni sociali che hanno sarebbe universale e non appresa.
La presenza di valutazioni sociali in età così precoce è un processo essenziale per l’adattamento sociale e biologico dei bambini, così come degli adulti. Grazie a questa dote innata, poi, si sviluppa una grande capacità che contraddistingue gli esseri umani, ovvero il pensiero razionale.
Autrice: Maria Rita Panepinto, Dott.ssa in Discipline Psicosociali