Il tema della morte è da sempre stato considerato un tabù e, soprattutto in presenza dei bambini, si tende ad evitare il discorso. In tal modo il bambino non è preparato a questo evento di passaggio e non può comprendere che la vita continua e va avanti.
I bambini fino ai tre anni non accettano la scomparsa definitiva, la negano,
ma la parte più “critica” arriva quando iniziano a porre le prime domande sul tema.
I genitori, nel rispondere, possono scegliere varie modalità.
Chi conta sul credo religioso e sulla fede, può raccontare storie più speranzose, del tipo “un giorno ci rivedremo tutti in paradiso.” Per chi non crede il discorso è diverso perché non si può parlare ad un bambino in modo crudo di un argomento tanto delicato dicendo che non c’è nulla dopo la morte.
Bisogna comunque dare la possibilità al piccolo di formare le proprie convinzioni man mano cresce, quindi non dare risposte troppo dirette ma dire, ad esempio, che pur non vedendo le persone a noi care, il loro ricordo e i loro insegnamenti resteranno con noi ed è come se fossero accanto a noi ma in modo diverso.
La cosa importante, qualunque sia la strategia che si decide di usare, è non essere evasivi di fronte a queste domande, ma trovare il modo di rispondere, mantenendo sempre la delicatezza, più opportuno e vicino al proprio modo di pensare e consona all’età del bambino e della bambina.
Con i bambini più piccoli risulta utile l’utilizzo di storielle, ad esempio si può dire che i nostri cari sono diventati delle stelline che ogni notte ci osservano dal cielo, oppure si può raccontare la storiella dell’albero, dicendo che anche le foglie dell’albero muoiono e cadono ma l’albero continua a vivere comunque.
Bisogna tenere in considerazione che i piccoli vengono condizionati dalle emozioni degli adulti, dunque,
quando in famiglia si perde un proprio caro, è bene cercare di porsi in maniera equilibrata;
questo non vuoldire nascondere la sofferenza o il dolore, ma evitare di far vedere che non si dorme o non si mangia perché troppo afflitti.
Così facendo perderebbero quella sensazione di speranza acquisita con la spiegazione sulla morte fatta in precedenza.
Ad ogni modo i bambini andrebbero lasciati a casa durante le funzioni funebri, soprattutto se già si sa che saranno molto addolorate e con sfoghi eccessivi di urla e sofferenza, in tal modo non capirebbero e perderebbero il senso della vita che continua. Se, comunque, si è obbligati a portarli subito dopo la fine del della funzione è bene far svolgere qualche attività vitale, che sia un giro alle giostre, una bella corsa al parco o un po’ di svago al parco giochi. In tal modo passerà il messaggio cardine che la vita continua e non si ferma con la morte.
Non è mai facile parlare ai bambini di morte e lutto in quanto risulta difficile anche agli adulti parlarne e perché questo argomento da sempre è stato considerato più grande di noi.
L’obiettivo da tenere presente è il senso di continuità che bisogna trasmettere, puntando sui ricordi e gli insegnamenti, i momenti trascorsi con la persona che non c’è più, ma che continua a vivere dentro di noi.
Ancora una volta il punto chiave è l’educazione alle emozioni, in qusto caso la tristezza, che ci parla del nostro senso di perdita e come le altre emozioni è nostra alleata perchè ci permette di conoscere più a fondo noi stessi e ciò che è importante per noi.
L’elaborazione del lutto avviene tanto più in maniera funzionale quanto più il bambino e la bambina vivono in un ambiente familiare unito, in cui il lutto delle persone care viene elaborato e affrontato come una componente imprescindibile della vita stessa e non come un tabù o qualcosa di cui avere terrore, ma semplicemente da accettare.
Autrice: Maria Rita Panepinto, Dott.ssa in Discipline Psicosociali ed esperta DSA