Si fa un gran parlare di maternità e di tutti gli aspetti ad essa connessi: essere madre è un’esperienza unica e senza eguali, anche dopo l’ennesimo parto. Accendiamo la Tv e tantissime trasmissioni trattano del rapporto madre-figlio; nelle edicole, nelle librerie tantissimi testi e riviste specializzate sono dedicate a questo aspetto importante della vita della donna. L’attenzione è puntata sulla donna prima, durante e dopo la gravidanza, sul suo aspetto fisico e psichico, derivante da questo evento. E il padre? Che ruolo ha?
Sembra banale raccontare come il ruolo e la figura del padre si sia evoluta e trasformata con il passare dei secoli, anche se, ancora oggi, molti padri s’ispirano ai modelli dei loro avi, che li volevano dediti al benessere materiale della famiglia: “un bravo padre di famiglia è colui che non fa mancare nulla ai propri figli”. Di materiale s’intende.
E per ciò che concerne il benessere affettivo, l’appoggio morale, l’essere guida… cosa rimane?
Partiamo dal rapporto che il padre instaura con il figlio “immaginario”: quando è sì presente, ma si trova ancora dentro il ventre della propria compagna.
Alcune ricerche dimostrano (A.M. Di Vita et al., 2001) che i padri si sentono davvero tali quando finalmente possono stringere tra le braccia il loro bambino. Fino ad allora è tutto un susseguirsi di immagini sfocate sul “come sarà”, mentre le madri hanno nella loro mente un’immagine più definita, data proprio dal legame viscerale che da subito caratterizza la loro attesa . Quando il figlio viene al mondo, le emozioni dei padri si equiparano per intensità e qualità a quelle della madre: l’incontro con il bambino reale modifica significativamente le rappresentazioni dei genitori, in particolare tra i padri è più evidente l’apertura al cambiamento: essi iniziano a prendere maggiore contatto con percezioni, emozioni, pensieri che riguardano la loro esperienza di essere diventati padri e li esprimono più pienamente (F.Giannone, M.Pupella, A.Consales, 2001).
Ma come si rapportano i padri ai loro figli durante la loro crescita? Che tipo di legame cercano di instaurare?
Da numerosi studi, ricerche ed osservazioni, ed anche da esperienze personali nel campo clinico, possiamo distinguere l’atteggiamento dei padri in 5 categorie, senza, per questo, voler racchiudere ed etichettare una condizione così particolare e complessa come quella dell’essere padre.
Prima categoria: il papà amico: è un tipo di padre che tende ad instaurare un rapporto alla pari con i propri figli, puntando di più sulla confidenzialità e la complicità, che sull’autorevolezza del suo compito. E’ un perfetto compagno di giochi, ma spesso il suo stile educativo è tendenzialmente lassista.
Seconda categoria: il papà autoritario: è il tipico padre “all’antica”, quello con il quale è quasi impossibile comunicare e che si relaziona ai figli in maniera rigida, impedendo uno scambio autentico con questi.
Terza categoria: il papà “Bancomat” : è il tipico padre che porta lo stipendio a casa, ma che si disinteressa delle cure morali e affettive dei figli, delegando in toto questo compito alla madre. Spesso elargisce regali o è subito disponibile alle richieste di denaro da parte dei figli.
Quarta categoria: il papà “invisibile”: c’è, ma non si vede. E’ sempre fuori per lavoro, e quando rientra è molto stanco ed immerso nei suoi continui pensieri e preoccupazioni. Ha un ruolo molto marginale nella vita dei figli e il dialogo con loro è formale e asettico.
Quinta categoria: il papà “alla pari” : affianca la madre in maniera complementare e decide insieme a lei le regole da seguire per educare i figli. Il suo stile educativo è autorevole, poiché non è né rigido né lassista. Fa rispettare la sua autorità, ma insatura con i figli un dialogo aperto e rispettoso dei vari punti di vista.
E’ interessante osservare come l’uomo si relazioni ai propri figli, al di là degli stereotipi e delle schematizzazioni. Ogni uomo è un universo, anzi, un multiverso in continua espansione, e qui si vuole aprire uno spiraglio per osservare più da vicino questo affascinante mondo.
Dott.ssa Laura Muscarella
(Rif. bibl.: A.M.Di Vita,F.Giannone (2002) La famiglia che nasce, Ed. F.Angeli)
Iniziamo con un’intervista ad un papà famoso, il chitarrista dei Pooh, Dodi Battaglia.
1) La costruzione del legame padre-figlio, è un percorso molto particolare: in che modo
sei riuscito a dare valore al legame con i tuoi figli?
Difficile raccontare in poche righe quello che è a mio avviso un percorso di anni.
Credo che proprio nell’atteggiamento di un genitore e nella sua conferma nel tempo risieda uno dei segreti della solidità del carattere dei figli.
Credo anche che non possa esistere educazione senza che un genitore abbia una proiezione verso la felicità…condizione a cui tutti, in maniera particolare i giovani, ambiscono.
2) Quando sei riuscito ad accorgerti dei talenti personali dei tuoi figli, in che modo sei intervenuto?
Ho sempre cercato di affiancarli e non sostituirmi a loro nelle scelte che riguardavano le loro “vocazioni”.
3) Si sa che ogni età porta i suoi piccoli grandi problemi: come hai gestito le emergenze, quali , ad esempio, le delusioni, i fallimenti personali e le fragilità?
Innanzitutto ho cercato di essere solido, concreto, di non perdere la testa, di non agitarmi cercando di fare loro comprendere che la vita spesso e’ ciò che ci succede mentre stiamo realizzando i nostri grandi obiettivi e che sono proprio questi, insieme ai nostri principi, le cose che contano nella vita…
Si sa che i problemi fanno parte della vita ma solo i grandi obiettivi ti danno la forza per superarli!
4) Quali cambiamenti ha attraversato , secondo te, il ruolo del genitore da quando tu stesso eri figlio, ad oggi che sei a tua volta padre?
Da quando io ero figlio è cambiato il mondo. Per i miei genitori il fatto di riuscire ad assicurarmi da mangiare e gli studi era il grande obiettivo.
Mio padre insieme a tutti gli altri padri era solito andare al bar con gli amici anziché passare le serate in famiglia. Ma era la normalità e non gliene faccio una colpa.
Ho attraversato anch’io il momento in cui, con l’avvento del benessere, ho riempito di Barbie o di aeroplani le stanze dei miei figli cercando però di instaurare con loro un rapporto di complicità e di confidenza.
Oggi il mondo e’ nuovamente cambiato e credo che un po’ di rigore, soprattutto nel periodo di crisi che stiamo attraversando, sia corretto e adegui i figli a un domani con più incertezze di quello che tutti noi potevamo pensare fino a pochi anni fa.
Credo anche che si stiano rimodulando in meglio i ruoli tra padri e figli che anni addietro poteva far pensare più a un rapporto tra fratelli che tra genitore/figli.
5) Quali aspetti di te stesso riconosci in ciascuno dei tuoi figli?
Nella mia prima figlia Sara la dolcezza e la sensibilità; in Serena la caparbietà; in Daniele l’eleganza; in Sofia la lungimiranza.
6) Se potessi tornare indietro, c’è qualcosa che cambieresti nel tuo modo di essere genitore?
Mah,i genitori non sono perfetti, ma è proprio questo che li rende umani e ti fanno riconoscere e anche accettare i tuoi sbagli. Sono un ritratto della vita a portata di mano.
Credo di avere fatto anch’io i miei sbagli ma a giudicare dal sorriso, dalla salute, dal successo personale e lavorativo di tre di loro (la più piccola ha sette anni) direi che non mi condannerei.
7) Cosa diresti ad un ragazzo molto giovane che ha da poco scoperto di stare per diventare padre?
Che sta per vivere la cosa più bella, importante, piena di amore della vita. Gli direi che, anche se non glielo auguro, potrà succedere di cambiare donna ma MAI I FIGLI!
…Continuiamo la nostra indagine sul Multiverso “Paternità” con un’intervista al bassista del gruppo, Red Canzian:
La costruzione del legame padre-figlio, è un percorso molto particolare: in che modo sei riuscito a dare valore al legame con i tuoi figli?
I legami non si costruiscono, ci sono o non ci sono, soprattutto tra genitori e figli…sono i rapporti che vanno impostati, costruiti. E lì ti accorgi che il mestiere del genitore è forse l’unico che nessuno potrà mai insegnarti, perché solo attraverso gli errori, piano piano, cominci a districarti in un territorio che non conoscevi assolutamente, un mondo che avevi visto sempre dall’altra parte, dalla parte del figlio. Non a caso i migliori genitori sono i nonni…quelli che hanno ampiamente sbagliato con i loro figli e sono più rilassati nell’educare…insomma,hanno meno paturnie.
Quando ti sei accorto dei talenti personali dei tuoi figli, in che modo sei intervenuto?
I miei figli sono cresciuti nella musica e quando ancora gattonavano si aggiravano sui palchi, in mezzo agli strumenti. Poi mia moglie, quando abbiamo capito che poteva essere una cosa che a loro piaceva, si è molto impegnata per portarli a scuola di musica e di canto. Li abbiamo fatti studiare con i migliori insegnanti ma prima abbiamo cercato di spiegare loro inoltre che questo mestiere lo puoi fare solo se ci credi davvero e sei pronto al sacrificio e alle inevitabili delusioni.
Si sa che ogni età porta i suoi piccoli grandi problemi: come hai gestito le emergenze, quali , ad esempio, le delusioni, i fallimenti personali e le fragilità?
Gli errori e le delusioni rinforzano il carattere e se gestiti bene possono anche servire da stimolo per andare avanti, per impegnarsi maggiormente. A quell’età poi non si può parlare di fallimenti, quelle sono cose per noi grandi… e comunque in caso di “momenti down“ il genitore deve fare da “cuscino“ per evitare le botte più dure, quelle che fanno male per sempre… un genitore serve se riesce a confortare con amore le fragilità dei figli ma deve anche sapersi tirare indietro quando è il momento che i figli inizino a camminare con le loro gambe.
Quali cambiamenti ha attraversato , secondo te, il ruolo del genitore da quando tu stesso eri figlio, ad oggi che sei a tua volta padre?
Quando ero bambino, nel dopoguerra, i genitori avevano un approccio diverso con i figli…erano tempi duri, c’era tutto da ricostruire e loro avevano problemi maggiori da risolvere. Ricordo comunque un grande affetto e un senso di protezione che la famiglia riusciva comunque a darmi…ma si parlava poco, c’era poca interazione, al di là del “non farlo, attento che è pericoloso, bravo hai preso un bel voto, mangia che diventi grande“. Io invece ho passato ore a raccontare storie fantastiche a Chiara o a parlare di qualsiasi argomento, sia con lei che con Phil, quando erano un po’ più grandi…crescendo insieme a loro e accorgendomi di come le cose assumevano un peso e una luce diversi, se mediate dalla mente di un figlio.
Quali aspetti di te stesso riconosci in ciascuno dei tuoi figli?
In Chiara riconosco la caparbietà, la velocità di capire le cose e di saper improvvisare. Lei, come me, riesce con facilità a districarsi in cose che non ha mai fatto prima…e poi la faccia, gli occhi…in certe mie foto da giovane sembro lei! Con Phil il discorso è diverso…io non sono il suo papà di sangue, ma solo un vice papà che è però entrato nella sua vita molto presto e lo ha amato come un figlio a tutti gli effetti. Di sicuro se suona la batteria è “colpa“ mia, gliene regalai una quando aveva poco più di cinque anni, ma se è diventato così bravo è solo merito suo…e di sua mamma che l’ha sempre seguito nelle varie fasi di studio. Da me ha sicuramente preso il senso del sacrificio che questo lavoro richiede…ha capito che non è mai una passeggiata se vuoi farlo bene!
Se potessi tornare indietro, c’è qualcosa che cambieresti nel tuo modo di essere genitore?
Sicuramente cercherei di godermeli di più, rinunciando magari a qualche impegno.. di quelli che “non sono poi così importanti.
Cosa diresti ad un ragazzo molto giovane che ha da poco scoperto di stare per diventare padre?
Prenditela con calma, non ti agitare, tanto farai comunque un sacco di errori… cerca di amare i tuoi figli senza pretenderli…cerca di dare loro quello che di più bello hai avuto tu…o avresti voluto avere…