La paura è antica quanto l’essere umano. Essa può essere considerata come un meccanismo autoprotettivo utile alla crescita del bambino, in quanto riesce ad attivare alcune reazioni che servono a difenderlo dai potenziali pericoli che provengono dall’ambiente.
Occorre però distinguere la paura “esistenziale”, fisiologica, che proviamo tutti quanti, da quella che potremmo chiamare “patologica”, non perchè sia espressione di una malattia ma perchè presenta alcune caratteristiche che le fanno perdere la funzione di “messa in guardia”.
Una paura diventa patologica quando si attiva senza che vi sia un pericolo reale, o quando si manifesta con una intensità eccessiva, decisamente sproporzionata allo stimolo che l’ha provocata.
Va ricordato che la paura è un’emozione che si può manifestare ad ogni età: dall’infanzia all’adolescenza, dalla giovinezza all’età adulta, fino alla vecchiaia.
In questo articolo si farà riferimento solo alla paura legata al periodo dell’infanzia.
Esistono vari tipi di paure (del buio, degli animali, dei mostri, del sangue, ecc), possono essere lievi o molto intense, e soprattutto, possono presentare caratteristiche assolutamente differenti.
Un elemento che già da solo serve per differenziarne la natura è il grado di intensità del disagio che essa provoca nel bambino. Non è sempre facile misurare il livello di sofferenza legato a una paura, ma, in base al loro grado di intensità, è possibile classificarle nel seguente modo:
Fisiologica: E’ la paura “naturale” che serve ad attivare reazioni di difesa dai pericoli dell’ambiente: una sorta di meccanismo autoprotettivo.
Normale: E’ la paura direttamente collegata alla crescita del bambino, ovvero, ogni fase di crescita ha le sue paure.
Di vigilanza: E’ quel tipo di paura che favorisce la capacità di reazione del bambino.
Paralizzante: E’ invece quella che blocca la capacità di reazione.
Patologica: E’ infine la paura che riguarda veri e propri quadri clinici.
In base alla tipologia, diverso dovrà essere il modo di affrontare i vari tipi di paura, ricordando comunque sempre che la loro intensità è in relazione alla capacità di gestirle.
Le paure, infatti, non si esauriscono, ma imparando ad affrontarle, diminuisce la loro intensità e pervasività.
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Le paure vanno spiegate e affrontate più che curate. Occorre pertanto che il genitore sappia prima di tutto esprimere le proprie emozioni per imparare poi a gestirle, e insegnare la stessa cosa a suo figlio.
Quante volte capita di vedere figli che sono costretti a convivere, loro malgrado, con le paure che i loro genitori proiettano inconsciamente!
Genitori ed educatori devono sempre ricordare che il bambino vive uno stretto legame con loro, e su di loro investe tutte le sue emozioni, positive e negative.
Così, quando egli ha paura del mostro, non fa altro che spostare su un oggetto immaginario il timore che un genitore possa diventare per lui fonte di aggressione. Il bambino trasforma un pericolo reale, appunto l’aggressione del genitore autoritario, in pericolo simbolico, cioè l’aggressione da parte di un mostro.
Come si manifesta la paura?
In modo non sempre del tutto aperto e chiaro, né tanto meno viene dal bambino sempre verbalizzata, specie in ambienti troppo autoritari o repressivi. E’ più facile che sia espressa nei momenti di confidenza o di intimità familiare, ma purtroppo non sempre questi momenti esistono.
Molto più spesso occorre che il genitore e l’educatore siano attenti a cogliere quei segnali non verbali che, indirettamente, ci suggeriscono la presenza di uno stato di disagio.
Eccone alcuni esempi:
- La regressione, quando cioè il bambino manifesta comportamenti che non fanno parte del suo abituale modo di agire, ma che riguardano quello di bimbi molto più piccoli.
- La diminuzione del controllo di vescica e intestino in una fase della crescita nella quale ciò non è previsto,
- La demotivazione o la tendenza all’isolamento.
- Le reazioni esagerate, tipo rossore o pallore, quando parla con adulto.
- La passività, indicata generalmente come “pigrizia”.
- L’impulsività, l’aggressività o la violenza immotivate.
- L’adozione di comportamenti anomali, tipo l’insonnia. I frequenti capricci, alcune fissazioni (per esempio sulla scelta del cibo), certe reazioni inspiegabili.
“La paura sembra proprio esistere per essere superata” (J.-U.Rogge, Quando i bambini hanno paura, Pratiche, Milano, 1998), ed è proprio questo superamento, grazie all’accortezza e premura dei genitori, che permette al bambino di crescere e di acquisire quell’autonomia che gli servirà per tutta la vita.
Autrice: Federica Di Rienzo, Psicologa dello Sviluppo