Lo sviluppo dell’infante ha inizio ancor prima della nascita. Gli studiosi a tal proposito pensano che il primo organo che si sviluppa, a livello prenatale, è il cervello, un organo molto complesso, con oltre dieci miliardi di neuroni, i quali successivamente vanno a creare delle interconnessioni tra di loro e di conseguenza vanno a rielaborare i dati che provengono dal mondo esterno.
3 STADI PRINCIPALI di sviluppo embrionale
- ZIGOTE: dalla fecondazione alla seconda settimana di vita. In questo periodo molto delicato non c’è ancora stato un vero e proprio impianto.
- EMBRIONE: dalla seconda settimana di vita fino ad arrivare ai due mesi successivi. In questa fase tutti gli organi del corpo del futuro nascituro raggiungono un primo stadio di sviluppo.
- FETO: dai due mesi fino alla nascita dal bambino. In questo stadio tutti gli organi del corpo iniziano ad ingrandirsi fino a raggiungere lo sviluppo completo.
Tutte queste fasi sono delicate e per questo all’interno di ognuna di esse si può incorrere in importanti problematiche, legate allo sviluppo prenatale del bambino; ad esempio ci può essere il mancato impianto dello zigote, o danni teratogeni dell’embrione (malformazioni in alcune regioni del feto). I problemi che insorgono, possono dare luogo a danni a livello psicologico, cognitivo o comportamentale o anche problemi a livello motorio o di attenzione nel futuro bambino.
I maggiori studi che ci sono stati forniti sono quelli riguardanti i problemi di sviluppo, quindi tutti quei problemi riguardanti il feto. La maggior parte degli studiosi che si sono occupati di questo argomento hanno abbracciato quello che ricordiamo essere denominato come il modello medico, ossia un modello teorico che sottolinea come i danni di sviluppo possono svilupparsi a partire da un elemento esterno che va a interferire con il corretto sviluppo del cervello, da qualcosa quindi che accade durante il suo sviluppo e che successivamente va a danneggiare lo sviluppo stesso del bambino. In seguito però si riscontrò, dopo vari studi, che i bambini che avevano problemi di sviluppo, in realtà non possedevano problemi celebrali. A questo punto si susseguirono numerosi studi dai quali è evidenziato come il modello medico è inefficiente poiché non ha fornito spiegazioni valide e adeguate sulla disabilità dello sviluppo.
Gli studiosi continuarono a sottoporre i bambini con disabilità di sviluppo a numerose verifiche e notarono come, intorno ai 5 anni di vita, esse fossero scomparse. Questo portò ad un cambio di prospettiva, andando ad abbandonare il modello medico per prendere in considerazione un nuovo modello: il modello organismico. Esso enuncia che l’ambiente influenza l’individuo e viceversa, per questo è un modello bidirezionale. Le disabilità dello sviluppo secondo questo nuovo approccio non dipendono dal cervello ma dall’effetto che si ripercuote sul comportamento del bambino, influenzato in modo particolare anche dal comportamento dei genitori, che possono sono tenuti a rispondere in modo positivo o meno alle complicanze dello sviluppo, accettando le complicanze che il bambino possiede e facendo in modo che egli non ne sia di conseguenza sopraffatto, permettendogli di accettare queste sue difficoltà fin dalla nascita. Questo comporta un cambiamento nelle aspettative di vita da parte dei genitori nei confronti del fanciullo, e implica un’accettazione e un appoggio continuo in tutti gli ambiti della sua vita. Quindi si può affermare come l’ambiente aiuti molto il bambino a oltrepassare queste sue disabilità.
Oltre ai fattori ambientali ci sono altri numerosi fattori che influenzano lo sviluppo del bambino. In primo luogo abbiamo il comportamento materno, infatti la madre è il punto fermo del bambino dalla nascita. In secondo luogo troviamo i supporti finanziari, le minoranze etniche, le situazioni di ansia e stress.
Per concludere, è fondamentale dire che la condizione alla nascita del bambino non è irrisolvibile o statica, ma tutto può modificarsi con un buon supporto ambientale e genitoriale.
Autrice: Eleonora Mazzitelli, Dottoressa in discipline psicosociali