BALBUZIE : origine e trattamento
Crescere è un mestiere difficile: sono tanti gli ostacoli che il bambino e la bambina incontrano durante le prime fasi della loro vita e non tutti i bambini hanno una vita facile, non tutti vengono circondati da adulti empatici e comprensivi, pieni di calore e affetto. Qualche volta succede che il disagio emotivo che il bambino incontra, può venire fuori in vari modi ed esprimersi sia a livello fisico che mentale o comportamentale. Alcuni disagi spariscono con l’andare del tempo, altri si cronicizzano, altri ancora diventano latenti e si ripropongono in età adulta. Un disturbo che può accompagnare lo sviluppo del bambino è proprio la balbuzia, che in media esordisce tra i 2 e 3 anni e che, nell’88% dei casi, regredisce spontaneamente entro i 6 anni. Questo disturbo, però non deve mai essere sottovalutato.
Cos’è la balbuzia?
La balbuzia è un disturbo del linguaggio caratterizzato dalla fluenza interrotta e da involontarie ripetizioni e prolungamenti di suoni o ripetizioni di sillabe, causati da spasmi intermittenti dell’apparato fonoarticolatorio. (Treccani.it- Balbuzie di Magda di Renzo- Università del Corpo, 1999).
Il disturbo della balbuzie viene spesso accompagnato da errori nella respirazione: i muscoli respiratori possono subire spasmi clonici, tonici o tonico-clonici, i maggiori responsabili del blocco verbale, della ripetizione del vocabolo e del movimento convulsivo che spesse volte accompagna la balbuzie. [Tratto da Balbuzie e costituzioni omeopatiche, di E. Marchigiani e D. Maiocco].
Possibili cause
Qual è l’origine delle balbuzie?
Sono state formulate molte teorie sull’origine delle balbuzie, come per esempio, quella di Perkins che afferma : “La causa della balbuzie sarebbe una mancata armonia tra le varie componenti che sostengono il linguaggio parlato: quando parliamo molte aree del cervello sono attive e comunicano a loro volta tra di loro, dunque se l’attivazione delle varie aree e dei vari processi non è perfettamente sincronizzata, potrebbero emergere dei problemi nell’esecuzione del linguaggio. (Perkins e coll. 1991). La balbuzie sarebbe quindi il frutto della mancata sincronizzazione tra i vari processi necessari per la produzione del linguaggio”.
Un’altra interessante teoria è quella di Howell che, analizzando molti studi effettuati su campioni di individui di lingue diverse, ha ipotizzato un’interazione imperfetta tra le fasi di pianificazione linguistica e di esecuzione dei movimenti del discorso. (Howell e coll., 2002)
In tempi più recenti, grazie anche a tecniche di neuroimaging , è stato possibile approfondire il ruolo della densità della materia bianca, che indicherebbero un problema di interconnessione tra diverse aree del cervello: infatti gli studi di Janke (2004), Watkins et a (2008), Sommer (et al 2002), Cieslak et al.(2015 ), hanno rilevato una ridotta densità della sostanza bianca del fascicolo longitudinale superiore nell’emisfero sinistro delle persone che balbettano, rispetto a quelle che non balbettano. Altre anomalie nella materia bianca sono state individuate sempre nell’emisfero sinistro a carico del fascicolo arcuato, del corpo calloso e nelle aree di connessione talamo-gangliali.
Anomalie di connessione tra queste aree sono coerenti con il modello DIVA (Directions into Velocities of Articulators), (Guenther, 2006). Questo modello mette in evidenza come la balbuzie sia legata a una difficoltà ad accedere alle mappe motorie, ovvero quegli schemi con cui abbiamo mappato i movimenti necessari a produrre un determinato suono.
Cosa succede in pratica?
Nelle aree premotorie si va a formare uno schema e la persona va a recuperarlo quando deve produrre un determinato suono e lo esegue. In età infantile, questo è un proceso tutt’altro che meccanico: per il bambino, è molto complesso pianificare i movimenti corretti, per cui è necessario apportare delle correzioni sulla base delle informazioni che arrivano dall’udito e dal corpo. Questo continuo aggiustamento, permette alle mappe di consolidarsi sempre più, finché il sistema di feedback uditivo e corporeo diventa meno indispensabile.
Nelle persone che balbettano qualcosa in questo meccanismo si inceppa.
Per capire ancora meglio cosa succede, bisogna integrare questo modello con l’ipotesi del coinvolgimento della materia bianca, dunque il meccanismo si inceppa a causa della carenza di connessioni tra aree premotorie, uditive e motorie della produzione dell’eloquio. La presenza di queste anomalie, che hanno un impatto sull’integrazione delle diverse aree preposte alla produzione dell’eloquio, potrebbe anche rendere il sistema più sensibile alle interferenze, per esempio ad interferenze di natura emotiva o cognitiva, dunque, se il bambino entra in ansia o manifesta emozioni di rabbia o tristezza, il sistema è maggiormente perturbato e di conseguenza le persone che balbettano possono incontrare maggiori difficoltà nella produzione linguistica.
BALBUZIE IERI E OGGI
In passato, il problema delle balbuzie era sinonimo di problemi cognitivi, se non addirittura di ritardo mentale. Speso gli adulti che circondavano il bambino balbuziente, non capivano che in realtà il problema fosse molto più profondo e radicato e che il funzionamento intellettivo non fosse coinvolto. Il modo errato di approcciarsi al bambino balbuziente poteva (e può) peggiorare tale condizione, facendo aumentare l’ansia nel piccolo, concausa delle balbuzie, dando luogo ad un circolo vizioso.
Negli ultimi anni possiamo osservare come sia diminuita l’associazione errata “balbuzie = ritardo mentale” e si dia più attenzione , invece, all’insorgenza del fenomeno fin dalla più tenera età e le conseguenze soprattutto in età adolescenziale. E’ necessario anche tenere in considerazione che un alunno balbuziente, può essere esposto tre volte in più al rischio di bullismo. Una ricerca ISTAT rivela, infatti, che nel 6% dei casi di bullismo, la derisione è causata dall’aspetto fisico e/o il modo di parlare. E’ auspicabile, pertanto, che la scuola e la famiglia collaborino attivamente nel monitorare e prendere in carico, questo disturbo. Questa attenzione può essere tradotta facilmente in seminari aperti ai genitori sull’argomento, sportelli informativi e opuscoli informativi distribuiti dai pediatri.
DIAGNOSI E TERAPIA
Per curare un disturbo, dunque, bisogna prima riconoscerlo come tale e diagnosticarlo. La diagnosi delle balbuzie definisce l’origine del disturbo e la conseguente terapia da intraprendere. La balbuzia solo in una piccola percentuale ha origine psicogena, legata ad un grave trauma e sicuramente avrà ben diverso trattamento da una balbuzie di altra origine.
Nonostante questa premessa, è consigliabile un approccio che integri l’aspetto neuropsicologico ed emotivo, come il Muscarà Rehabilitation Method for Stuttering (MRM-S), scientificamente validato, messo a punto da un ex balbuziente, Giovanni Muscarà, con l’aiuto di neurologi, neuropsicologi e fisioterapisti. “Questo metodo – spiega il fondatore di Vivavoce Institute – non si limita a insegnare i modi per evitare la balbuzie o ad affrontare il problema solo da un punto di vista psicologico ed emotivo, ma prevede un lavoro di rieducazione della persona per riprendere il controllo del singolo movimento necessario a produrre un suono e gestire il linguaggio in un contesto di ansia e stress“.
Sitografia:
https://vivavoceinstitute.com/cause-della-balbuzie-le-ipotesi-scientifiche-piu-recenti/
Autrice: Laura Muscarella, Psicologa-Psicodiagnosta