Amici immaginari: c’è da preoccuparsi?

Mentre è ben nota, oramai, la tendenza dei bambini più piccoli a crearsi dei compagni immaginari, meno si è parlato del fatto che, in realtà, questo fenomeno coinvolga anche circa il 50% dei bambini di età compresa tra 5 e 12 anni, che riferiscono di averne almeno uno. Pertanto queste esperienze non si limitano alla prima infanzia, ma piuttosto accompagnano parte del loro sviluppo per diversi mesi o addirittura anni.

Un amico immaginario può essere completamente invisibile oppure racchiuso in un giocattolo o in un oggetto (la cosiddetta personificazione degli oggetti). Questi amici immaginari possono essere creature umane, animali, o di fantasia e possono apparire da soli oppure in gruppo.

Solitamente i ragazzi tendono ad inventare amici immaginari maschi, mentre le ragazze sia maschi che femmine. Inoltre, i bambini che hanno amici immaginari descrivono facilmente come questi si manifestano e come si comportano; molti bambini riferiscono anche di poterli udire o toccare.

Molto interessante è anche il tipo di relazione che si viene a creare: uno studio ha scoperto che i bambini che reputano amico un oggetto personificato, tendono ad instaurare una relazione genitore-figlio, mentre nel caso di un amico immaginario di natura umana, si crea un rapporto egualitario, più simile a quello con un vero amico.

E proprio come succede con i veri amici, anche quelli immaginari non sempre collaborano!

Infatti è emerso che circa un terzo dei bambini con amici invisibili si lamentano del fatto che il loro amico non sempre arriva quando viene chiamato, che spesso parla a voce troppo alta, non vuole condividere, o che commette azioni fastidiose.

Comunque anche se i bambini vivono in maniera molto intensa le interazioni con i loro amici invisibili, quasi sempre sono consapevoli del fatto che questi amici non sono reali.

 

A questo punto sembra logico pensare che i bambini che inventano amici invisibili potrebbero sentirsi soli, turbati o avere problemi sociali, ma la ricerca non supporta tali ipotesi.

Sicuramente gli amici immaginari possono essere una fonte di conforto quando un bambino è in difficoltà, ad esempio esistono molti casi di bambini che hanno inventato amici immaginari per far fronte ad esperienze traumatiche. Ma un interessante studio condotto su studenti delle scuole medie ad alto rischio di sviluppare problemi di comportamento, ha evidenziato come la presenza di un amico immaginario sia associata a migliori strategie di coping, anche se vi è una minore interazione coi coetanei. Tuttavia, entro la fine del liceo, i bambini ad alto rischio, che avevano avuto un compagno immaginario durante la scuola media, hanno mostrato un migliore adattamento alle nuove situazioni.

È importante sottolineare anche come gli amici immaginari possono aiutare i bambini ad affrontare le paure, esplorare le proprie idee o a maturare un senso di competenza prendendosi cura di loro.

Fonte: http://www.marthatylerart.com/

Fonte: http://www.marthatylerart.com/

 

Studi condotti su questo argomento, nel tempo, hanno evidenziato molti altri aspetti positivi.

Si è visto che i bambini con i compagni immaginari (sia amici invisibili o oggetti personificati) tendono ad essere meno timidi, molto più espansivi con i coetanei, e riescono meglio ad assumere il punto di vista dell’altro. È stata anche evidenziata la loro capacità di produrre resoconti narrativi più ricchi rispetto ai loro coetanei senza amici immaginari, sia quando si trattava di raccontare una storia che un evento passato sperimentato personalmente, nonostante tra i due gruppi di bambini non ci fossero differenze per le loro abilità linguistiche.

Le ricerche suggeriscono anche che questi compagni immaginari non vengono inventati per compensare le difficoltà nell’instaurare amicizie reali, e che i bambini sembrano interagire con gli amici immaginari in modo simile alle loro interazioni con persone reali.

Le interazioni con gli amici immaginari facilitano anche lo sviluppo del linguaggio privato nei bambini ovvero quando il bambino parla a se stesso e così mette alla prova sia la sua capacità di processare le informazioni, sia le proprie competenze comunicative, e si chiarisce le idee sulle azioni che sta compiendo.

Pertanto le interazioni con un compagno immaginario creano maggiori opportunità per sviluppare questo tipo di linguaggio, che verrà gradualmente interiorizzato durante la prima infanzia e trasformato in linguaggio interno o pensiero verbalizzato durante lo sviluppo. Infatti man mano che crescono, il loro discorso privato diventa sempre più difficile da capire perché è sia meno esplicito (sussurrano e borbottano) che più abbreviato (parole occasionali, piuttosto che frasi complete). Inoltre ciò comporta anche una migliore capacità di ricordare e successivamente esprimere episodi autobiografici.

 

In conclusione, la presenza dell’amico immaginario non è da considerare sintomo di un disagio del bambino ma va interpretato come una fase normale della sua crescita, un’esperienza vantaggiosa per il suo sviluppo cognitivo, e in quanto tale va rispettato senza ridicolizzarlo o cercare di invadere il suo spazio, ma accettando serenamente la situazione che potrà essere vissuta anche come un modo di conoscere meglio il proprio figlio.

 

Dott. Fabio Rossi, psicologo in formazione

 

Rif. Bibliografici:

  • Prevalence of imaginary companions in a normal child population. Pearson D. et al., Child Care Health Dev. 2001 Jan.
  • Individual differences in children’s private speech: The role of imaginary companions. Paige E. Davis et al., J Exp Child Psychol. 2013 Nov.
  • Children with Imaginary Companions Focus on Mental Characteristics When Describing Their Real-Life Friends. Paige E. Davis et al., Infant Child Dev. 2014 Nov.

 

 

 

 

 

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