La relazione, o meglio la diade, madre-bambino è da sempre un argomento di grande interesse in ambito psicologico, ma anche in ambito pediatrico. Dalle relazioni tra madre e bambino si forma poi gran parte del vissuto emozionale dell’adulto.
Lo psicoanalista Winnicott si è occupato principalmente di questo particolare tipo di relazione. La mamma, a partire già dal quarto mese di gravidanza, quando inizia ad avvertire i primi movimenti del feto, focalizza tutta la sua attenzione sulla vitalità del figlio. Quando il bambino nasce diventa il centro di ogni pensiero della madre, la quale diventa molto sensibile ad ogni segnale, pianto o disagio del figlio; organizza, inoltre, la sua giornata in funzione dei momenti principali dedicati al figlio. Questa condizione psicologica viene definita “preoccupazione materna primaria”, ossia una profonda partecipazione della madre a tutte le esperienze del neonato. La mamma tende anche a creare un ambiente molto accogliente (holding), sia sul piano affettivo che materiale, in questo modo il bambino vive una sorta di “onnipotenza soggettiva”, in quanto trova sempre disponibile la madre pronta ad accogliere ogni richiesta. Affinchè il bambino cresca in modo equilibrato, però, non è necessario che la madre sia sempre pronta ad intervenire ad ogni richiesta espressa dal figlio, proprio per questo Winnicott formula il concetto di “madre sufficientemente buona”, ossia una mamma attenta ai bisogni del figlio, ma non in maniera ossessiva, in modo da far acquisire consapevolezza del fatto che il soddisfacimento non veniva provocato da lui stesso bensì dalla sensibilità della madre. In poche parole il bambino acquisisce una visione più realistica del mondo. In questo modo il bambino inizia ad acquisire autonomia e controllo, mentre la madre inizierà ad uscire dalla fase di preoccupazione primaria. Andando avanti il bambino inizia ad acquisire competenze cognitive, motorie, linguistiche e motorie che completano e sostituiscono il contatto fisico continuo ed il controllo della madre, in modo da avere anch’essa più spazi per se stessa, è importante però che ciò avvenga in modo graduale.
Si possono verificare due condizioni, una prima in cui vi è un ambiente carente ed una in cui l’ambiente è funzionale. Nella prima c’è il rischio di sviluppare un sé falso, in cui il bambino si trova troppo precocemente a dover affrontare la realtà, finendo per negare i suoi bisogni pur di farsi accettare dall’ambiente. Nella seconda, invece, il bambino prende gradualmente consapevolezza di una realtà oggettiva, diversa da quella della madre. Man mano che si consolida la consapevolezza di sé come persona autonoma e separata dalla madre, il bambino inizia ad attuare alcuni comportamenti particolari, come ad esempio abbracciare un peluche per addormentarsi o “affezionarsi” ad una coperta e portarla sempre dietro. Questi comportamenti sono definiti transazionali, ovvero si collocano tra il mondo esterno ed interno e sono proprio rivelatori della fase che sta attraversando il bambino, ovvero il prendere consapevolezza del fatto che si va separando dalla madre e quindi ricorre a questi comportamenti che lo accompagnano nel passaggio dalla dipendenza all’autonomia. L’oggetto transazionale è un oggetto caro per il bambino dal quale trae sicurezza e grazie al quale rende concretamente presente la madre anche quando è assente, imparando a stare anche periodi più lunghi senza di lei.
Concludendo, quindi, si può affermare che la prima forma di relazione madre-bambino andrà a determinare gran parte delle successive relazioni affettive e sociali che si avranno in età adulta; contribuiscono inoltre alla costruzione della personalità del bambino. Si può ben capire quindi quanto siano importanti le diadi madre-figlio.
Autrice: Maria Rita Panepinto, Dott.ssa in Discipline Psicosociali
http://www.cantupsicologia.com/articolo/7-schemi-disfunzionali-nella-relazione-madre-bambino/